Trentaquattro minuti circa di ottimo alternative rock oscuro, contaminato da generi musicali come hard rock , metal classico , punk, grunge e blues, un viaggio di passione e impegno che lascia senz’altro trasparire una capacità di scrittura interessante ma soprattutto accessibile ai seguaci ancora esistenti della suddetta corrente musicale. La semplicità a regnare come indiscussa sovrana, intrigante e cingente dentro una particolare spirale fatta di sapori intensi e martellanti. I nove brani dei Black Code, arrivano quasi in timidezza ma colpiscono con quella maniera genuina che lascia il segno.

Senza dubbio, un disco che più gira e più piace. Piacciono senz’altro i suoni, piace (e non poco) quella voce carica di “pathos rock”, il tiro ci viene insomma scagliato contro con ragguardevole naturalezza, tanto che ci troveremo inconsciamente a richiedere nuovi minuti arrivati alla conclusione.

Non si può dire molto altro al momento, i brani sono davvero “l’ideale” (basterebbe l’opener “Immortals”, non a caso messa all’inizio, per appagare l’entusiasmo, ma fare torti alle altre sarebbe un vero peccato) e non possono far altro che portarvi alla ricerca di questo muovo lavoro , perché in fondo si spera ci sia sempre spazio per le piccole realtà e relative piccole perle.

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