Octopuss, un animale “musicale”

Dopo circa un migliaio di date tenute in 3 continenti, Europa, Nord America ed Asia, condividendo il palco con star internazionali come Deep Purple e Scorpions ed essere diventati una delle band europee più importanti in territorio cinese, gli OCTOPUSS “tornano” in Italia con un nuovo singolo, che anticipa la pubblicazione dell’album “A Nut For A Jar Of Tuna”, in uscita in inverno.

UGZ: Come mai il nome OCTOPUSS?
Reepo:
Ciao. Ci è sembrato da subito il nome perfetto per noi: è un nome semplice, che capiscono dappertutto, ci piace a livello grafico e ce ne piace il suono. Il significato che rimanda ad un animale “musicale” tentacolare che ti avvolge con la sua musica era quello che volevamo esprimere, e l’idea di farlo muovere spandendo i suoi tentacoli in tutte le direzioni era quello che volevamo fare: portare la nostra la nostra musica oltre i confini italiani fino in capo al mondo! Cosa che poi siamo un pò riusciti a fare con in numerosi tour all’estero. Ci hanno fatto spesso questa domanda anche durante i tour asiatici; in linea con lo stile metaforico e con la simbologia magica che a loro piace in ogni storia, aggiungendo un tocco onirico al tutto, ogni tanto dicevamo che io e Garrincha (basso n.d.r.) una notte abbiamo fatto lo stesso sogno, e il giorno dopo ce lo siamo raccontanti: portare la nostra musica in posti lontani e sconosciuti a cavallo di polpo gigante! La cosa non è comunque lontana dal vero in fin dei conti.
Per i primi tempi il nome della band era “Octopus” – dapprima con una sola “s” – mancava però qualcosa leggendolo. Volevamo aggiungerci un pò di malizia, sulla linea del doppiosenso, e differenziarci dal nome dell’animale acquatico tout court. Abbiamo aggiunto quindi la doppia “ss”, e la cosa sembrò immediatamente divertente e più sensuale.

UGZ: Da quanti anni suonate insieme?
Reepo:
Io e Garrincha si conosciamo dai tempi del liceo. Diventati amici, abbiamo cominciato a condividere dischi, ascolti, osservazioni e infinite ore di jam notturne, più che altro per divertimento: è nato proprio così il sogno di fondare un giorno una band rock funk, con la quale andare a suonare ovunque fosse possibile!
Successivamente – Garrincha già suonava ne “Le Vibrazioni” – abbiamo deciso di dare una forma precisa ai brani e un line-up definito alla band, insomma di metterci a fare le “cose sul serio”: così quel giorno di cui tanto avevamo parlato arrivò e stabilimmo che la forma che volevamo dare alla nostra “nuova creatura” era quella del un power-trio; completammo il definitivo line-up con il batterista Luca Capasso (ad oggi avvicendatosi con Nick Turri) ed iniziammo lunghe ore di sessioni in sala prove a creare ed affinare il “nostro” sound. Ed è proprio dal sudore insieme in sala prove che nasce il concetto musicale identitario e primario che caratterizza gli Octopuss, una musica organica che nasce da tre elementi, senza troppi fronzoli, e che così arriva anche sul palco: un trio con la voglia e la botta di dieci elementi, che fa la musica che più gli piace, che più lo diverte e fa godere! Con questa carica ci siamo subito buttati a suonare dal vivo. Era il 2007, e dopo avere affinato le armi con una serie di concerti in giro per l’Italia abbiamo raccolto le forze per cominciare a suonare anche all’estero, e non ci siamo più fermati.

UGZ: Quando avete fatto il vostro primo tour fuori dall’Italia?
Reepo:
Subito dopo, appunto. Come ti dicevo già dalle stesure delle prime canzoni – tutte in lingua inglese – volevamo andare a suonare anche oltreoceano: volevamo vedere i luoghi e suonare sui palchi dove il rock era nato, innanzitutto in America, ma anche in Inghilterra. Così siamo partiti per un primo tour negli States, nel 2008, interamente organizzato con le nostre forze. Appena tornati dagli U.S.A., i rumors sulla band hanno raggiunto anche Londra e siamo stati appunto invitati a suonare in alcuni club della storica città inglese. La soddisfazione per il lavoro svolto cresceva, e maturava la confidenza nei nostri mezzi: essere in giro per il mondo e condividere spesso il palco con band americane e inglesi faceva “crescere” esponenzialmente la band sotto tutti i punti di vista.
E così, viaggio dopo viaggio, tour dopo tour, siamo diventati una delle poche realtà indipendenti italiane a poter contare quasi un migliaio di concerti tenuti in tre continenti: Europa, Nord America e Asia, con all’attivo oltre agli show in Italia, alle esibizioni in Gran Bretagna e resto d’Europa, anche tour negli Stati Uniti, con date in club prestigiosi della East Coast e della West Coast (tra cui Viper Room e Cat Club, entrambi in Hollywood), e recentemente ben dieci tour in Cina che sono andati molto bene. Adoriamo suonare dal vivo, sul palco ci sentiamo sempre a casa nostra, anche se siamo dall’altra parte del mondo.

UGZ: Come vivete questo binomio tra la vostra italianità e il successo in Asia?
Reepo:
Non si è creato un particolare binomio tra italianità e successo in Asia: viviamo ambedue le cose molto bene.
Sicuramente abbiamo vissuto un salto culturale notevole la prima volta che abbiamo messo piede in estremo Oriente. Le barriere culturali e linguistiche sembravano essere insormontabili: eravamo ormai abbastanza ferrati su cultura e modus operandi degli addetti ai lavori e dei fan europei e statunitensi, ma, senza che nessuno di noi tre parlasse una parola di cinese, abbiamo dovuto preparare con dedizione doppia i primi tour in Cina, senza realmente sapere cosa aspettarci. Superate le difficoltà e gli ostacoli iniziali, abbiamo ricevuto una risposta incredibile da parte del pubblico cinese, e, tour dopo tour, abbiamo conseguito il primato di essere la band europea che ha tenuto più concerti in Cina, abbiamo concluso ben dieci tour su suolo cinese di circa un mese ciascuno, abbiamo suonato in tutte le livehouse più famose del Paese e sopratutto abbiamo avuto occasione di esibirci in più edizioni dei festival più grandi e prestigiosi del Sol Levante, davanti a diverse migliaia di persone.
Questa esperienza, che lascia addosso emozioni impagabili, ha richiesto ovviamente dei sacrifici: la vita in tour, soprattutto da Italiani in Cina, può essere a volte molto stancante. Per quanto riguarda i tour asiatici, ad esempio, la tabella di marcia prevedeva circa una data al giorno a volte per 30 o 40 giorni di fila, con distanze importanti da coprire tra un concerto e l’altro, a differenza di quanto può avvenire in Italia, dove comunque sia le distanze da percorrere sono infinitamente minori. Abbiamo dovuto lottare con jet-lag, malesseri fisici talvolta dovuti al cibo locale (altra cosa che in Italia accade assai di rado), con il gelo dei mesi invernali delle regioni più a nord e il caldo torrido di quelle a sud, con malfunzionamenti degli strumenti danneggiatesi in viaggio, con una serie di discomfort incredibili dovuti ai viaggi e agli alloggi, soprattutto nei primi tour, durante i quali, però, ricordo una forte sensazione pionieristica dell’attività che stavamo svolgendo: non eravamo circondati da molte altre band occidentali in tour in Cina, ed in alcune città tra le più sperdute che abbiamo toccato, eravamo probabilmente tra i primi “occidentali” ed essersi esibiti suonando rock. Così, viaggio dopo viaggio, assestandosi sempre più le cose, abbiamo sentito in modo sempre più nitido la sensazione che stavamo portando con successo la nostra musica lontano, molto lontano, come era nel sogno da cui tutto era partito, e la cosa ci risultò doppiamente gratificante dacchè vedevamo che anche così lontano veniva molto apprezzato il nostro lavoro.
E con la musica, anche la nostra sfrontata italianità veniva con noi, dacchè caratterizza in maniera evidente il nostro DNA. Le nostre origini italiane sono estremamente apprezzate in Oriente, in quanto sinonimo di stile e creatività, e dove forse siamo anche un pò visti come i “discendenti” di Marco Polo (il primo europeo ad interfacciarsi con il mondo cinese fu proprio un Italiano) e dove il nome della band viene molto spesso collegato alla parola “Italy”, persino nei festival e nelle trasmissioni TV, e non di rado coniugato da qualche fan meno avvezzo al lettura dei caratteri occidentali come “Octopuss-Italì”. Ricordo anche che in una delle esibizioni più importanti che abbiamo fatto su suolo cinese, in diretta sul canale televisivo CCTV5 per più di 50 milioni di telespettatori nella sola Cina, Nick (il batterista) indossava elegantemente durante la performance una canottiera con i colori della nazionale italiana.

UGZ: Cosa vuole trasmettere Lemon Kiss?
Reepo:
Sicuramente è un brano molto solare, tra i più freschi e orecchiabili del nostro repertorio.
Tendenzialmente durante la scrittura dei brani tentiamo di non porci limiti o paletti e, per quanto ci è possibile, diamo libero sfogo alla creatività. Alcuni brani risultano quindi più ruvidi, altri tendono più ad un sound funky, mentre in questo caso possiamo dire che gli ascolti e l’amore per icone rock del passato come Beatles, Stones e Hendrix sono confluiti in modo più preponderante, resi alla nostra maniera con un tocco più “moderno”.
Ci siamo divertiti giocando con riff semplici, ed inserendo dei tempi dispari – cosa che ci piace fare spesso – e nel ritornello non abbiamo rinunciato a cori e molteplici armonizzazioni vocali.
La parte musicale, gioiosa e grintosa, vuole sostenere un testo disimpegnato, che parla di un ragazzo atto a raccontare al suo crocchio amicale le proprie manovre seduttive di avvicinamento ad una ragazza un pò troppo timida ed impacciata, e diviene poi nell’inciso un’incitazione rivolta a tutti ad elogio del bacio come gesto semplice e magnifico, cura di ogni depressione e malumore, portatore di benessere e pura felicità: “Bacia, e ti sentirai subito meglio!”. Abbiamo anche inserito una voce narrante che decanta le famose rime del “Cyrano de Bergerac” di Edmond Rostand, a magnificare l’essenza e la grazia del “bacio”. In fin dei conti, cosa c’è di meglio di un bel bacio?! Questo raccontiamo, ed è un pensiero autentico.
Una curiosità: l’intrigante copertina del singolo, che raffigura appunto una bocca profferta che tiene tra le labbra un limone, è stata realizzata del famoso artista internazionale Paolo Maggis, da sempre amico e supporter della band.

UGZ: È in arrivo un album?
Reepo:
Si. Sia il singolo “Lemon Kiss” che il precedente “Miami Aiport” sono singoli che abbiamo scelto per anticipare l’uscita ufficiale dell’album “A Nut For A Jar Of Tuna”, prevista in Italia per fine anno per Freecom/ZdB.
Le registrazioni sono avvenute ai leggendari Shangri-La Studios di Malibu. Si tratta di uno degli studi di registrazione più famosi al mondo: se esiste una religione chiamata “Rock’n Roll”, ecco, quegli studi ne rappresentano la cattedrale. Sono una pietra miliare della storia del Rock, ed entrarvi, per noi, è stata quasi un’esperienza mistica. Si tratta di una tenuta sulle colline di Malibu, che è stata riconvertita a recording studio su precise indicazioni di Bob Dylan & “The Band” nel 1970. Martin Scorsese ci ha ambientato il suo celebre documentario“The Last Waltz”, e ci hanno registrato artisti del calibro di Eric Clapton (che vi registrò il disco “No reason to cry” definendolo – nella sua autobiografia – come un “luogo magico e di intensa creatività”), Keith Richards, Crosby, Stills & Nash, Mark Knopfler, Black Sabbath, Carlos Santana, ZZ Top, Metallica, U2, Red Hot Chili Peppers, Muse, Lady Gaga, Eminem, Ed Sheeran, Adele … e anche Jovanotti l’ultimo album con la produzione di Rick Rubin.
Pensare che questi nomi hanno varcato la soglia del medesimo studio in cui stai registrando ti mette addosso pressione, e ti sorprendi ad ammirare ogni minimo dettaglio dello studio, delle chitarre e amplificatori in esso contenuti, persino del biliardo (che ricordavamo chiaramente immortalato sul retro di copertina del disco di Clapton): è una sensazione importante, e siamo riusciti a convertire la pressione, caricandoci ancora di più al fine di registrare un super disco.
Abbiamo cominciato le sessioni di registrazione dell’album sotto la direzione del producer britannico multiplatino Gary Miller (che ha prodotto tra gli altri David Bowie, Simply Red, Slash & Fergie, Andrea Bocelli, Lionel Ritchie, Donna Summer, Girls Aloud, Cheyenne, Bananarama, Kylie Minogue, … ), con la collaborazione di Beej Chaney (cantante e chitarrista dei Suburbs) e di Eric Lynn (sound engineer tra gli altri dell’album The Marshall Mathers LP 2 di Eminem,“St. Anger” dei Metallica, “Don’t” di Ed Sheeran e “La Futura” degli ZZ Top, …); le riprese sono avvenute quasi esclusivamente “live”, ovvero suonando, come dal vivo, insieme nella stessa stanza (la rinomata sala A degli Shangri-La Studios) proprio per mantenere e catturare l’energia che la band sprigiona durante i concerti, ad eccezione di qualche overdub e delle riprese vocali, che era impossibile effettuare ponendo microfoni “vocali” nella medesima room a causa dei volumi esagerati.
Un aneddoto divertente: un giorno, durante una pausa dalle riprese, eravamo in riunione e stavamo parlando di un arrangiamento con Beej Chaney (cantante e chitarrista dei Suburbs), che era uno dei supervisori delle nostre sessioni di registrazione – insieme al produttore Gary Miller ed Eric Lynn – quando d’un tratto si spalanca la porta che da sul giardino privato degli Studios ed irrompe nella stanza un innervosito David Crosby, sgridandoci perché avevamo parcheggiato male l’auto nel vialetto. Eravamo increduli: trovarsi a tu per tu con una delle icone della storia del rock americano, uno che calcò il palco di Woodstock nel ’69, lì davanti a noi in carne ed ossa, che per di più stava gridandoci addosso di spostare la macchina, ci lasciò completamente senza parole. Ripensandoci poi ne abbiamo riso per giorni…

UGZ: Avete in mente collaborazioni?
Reepo:
Abbiamo sempre in mente qualche idea bizzarra e creativa, e alcune di queste riguardano proprio possibili collaborazioni che possiamo mettere in essere. Abbiamo la fortuna di essere stimati e benvoluti dai “colleghi” italiani, e spesso ci sentiamo ricambiati dai musicisti che godono della nostra stima. Nel singolo Miami Airport, ad esempio, che con Lemon Kiss è stato scelto per anticipare il releasing dell’album, ospitiamo un cameo d’eccezione: agli overdub di tastiere e fiati abbiamo Enrico Gabrielli (The Winstons, Calibro 35, …) amico e musicista dal talento ed estro impareggiabile: collaborazioni del genere, ad esempio, sono proprio quelle che adoriamo.
Con i recenti tour in Cina, poi, abbiamo spesso avuto modo di collaborare e duettare anche con artisti orientali, tra cui alcune delle star più famose della scena rock cinese, come Luo Qi, ad esempio, con la quale abbiamo registrato insieme un brano per il mercato asiatico e ci siamo imbarcati per un tour congiunto che ha toccato festival e club in tutta la Cina, il controverso Zuoxiao Zuzhou, e soprattutto Xie Tianxiao, una delle rock star più estreme e turbolente di tutto il vasto panorama rock cinese, con il quale è nata una grande amicizia e un vero e proprio sodalizio artistico, sfociato in varie esibizioni insieme – e ogni volta abbiamo “buttato giù” la venue che ospitava il concerto – e la condivisione della squadra di management in loco. Ho anche collaborato alle registrazioni del suo ultimo disco, 《那不是我》, registrando per lui le chitarre in tre brani dell’album: il disco ha vinto poi il “Grammy asiatico” Golden Melody Award, per la categoria “Best Chinese Rock Artist 2018”. Si è instaurato con lui un legame davvero profondo, quasi fraterno appunto, e credo sia una delle persone più sorprendenti ed interessanti che abbia mai conosciuto.
Di tutte queste collaborazioni ovviamente è giunta poi voce anche alle Istituzioni italiane in suolo cinese (Istituti Italiani di Cultura e Ambasciate locali), che spesso hanno collaborato con noi nelle attività svolte per la promozione della cooperazione e interscambio culturale tra la scena rock cinese e quella italiana, attività in cui ora siamo attivamente coinvolti, e per le quali siamo stati anche insigniti di un riconoscimento da parte dell’Università di Scienze e Tecnologia di Pechino.
Abbiamo un bel pò di progetti per il futuro, con la voglia di fare crescere la band sotto tutti i punti di vista, proseguendo nel nostro percorso artistico, e sicuramente rimane fermo il desiderio di mettere in essere nuove collaborazioni, che è sempre una cosa che ci stimola molto. Poter duettare con artisti che stimiamo, tanto in Occidente quanto in Oriente, per sperimentare nuove alchimie e soluzioni interessanti sarà una gioia: dove c’è talento è facile ed è un piacere interagire!

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