Bir Tawil, abbiamo bisogno di sodali, compagni e amici, che sappiano tirarci per la coda quando necessario
4 min readChi è portatore di un retroterra culturale che non risulti facilmente assimilabile alla silenziosa e ordinata maggioranza deve essere bandito, strappato alle radici che critica, anche se le sente proprie. Non c’è spazio per il dubbio, perché rende deboli nella cieca contrapposizione armata. Così, sul bando viene scritto il nome di chi si intende espellere. Un nome letto a voce alta, preceduto dal rullo del tamburo del banditore. Allontanare, cacciare via, rimuovere dallo sguardo tutti coloro che non sono funzionali al discorso del Potere, che poi è quello dello Spettacolo.
Bir Tawil è musica per banditi, per «partiti da una tavola di fame» o per sognatori incalliti, quando il sogno si radica nella testa e fa i calli sulle mani come il bastone della zappa.
Percussioni del’Africa subsahariana e siciliana si scontrano con strumenti a corda del Nord Europa elettrificati e distorti, infettando di elettronica analogica e campionamenti di ricerca antropologica la ricerca di una sintesi tra musiche del deserto ed antropizzazione tecnologia, blues e tamburi a cornice, sintesi granulare e voci distorte, oltre I confini geografici della fortezza Europa, nel racconto della migrazione come risorsa e di microstorie quotidiane.
Ospiti del disco Cesare Basile, Hafid Bidari (Bania, Orchestre National de Barbès,), Julie Mélina Macaire-Ettabaâ (Làk) e Baptiste Bouquin (Surnatural Orchestra).
Sono due temi, forse, che si incrociano e si intersecano tra loro in questo disco.
Il primo è il viaggio, che è spostamento ma anche ricerca; che è incontro e scontro e per questo è fonte – talvolta incosciente – di conoscenza.
Il secondo è il sogno, non inteso come fuga dalla realtà, bensì come progetto, come tentativo claudicante, maldestro, sfocato di realizzare un atto voluto, un miraggio desiderato, una visione. Il viaggio e la visione si incontrano sulle sponde scoscese della passione e producono rischi, paure, ritrosie e incertezze. Ma è così che deve essere, perché non possiamo accontentarci del posto da spettatori assegnato sul biglietto della Società dello Spettacolo.
Da banditi, il posto non c’è. Da banditi, si guarda volitivi verso l’orizzonte per superare «la presente assenza di futuro».
UGZ: Di tutti i brani che avete pubblicato, c’è una traccia a cui tenete particolarmente ?
BIR TAWIL: Nessuna e tutte in particolare, sono parte di un unico percorso, come un cammino narrativo dall’inizio alla fine, una specie di concept della perdita di se stessi dentro il viaggio. Dovendo scegliere, “Lu libbru di li ‘infami” per l’utilizzo del dialetto, unico caso del disco, continua a darci una certa soddisfazione e preoccupazione allo stesso tempo.
UGZ: In questo album quali sono le tematiche principali ?
BIR TAWIL: Il viaggio, la migrazione, la perdita, come dicevamo prima, ma anche lo stato perenne di banditismo che sono costretti a vivere rifugiati, nomadi e non-convenzionati: inclusi quelli come noi che sono partiti alla ricerca “solo” di un futuro economico migliore.
UGZ: Artisticamente parlando, rifareste tutto oppure avete dei rimpianti ?
BIR TAWIL: Siamo già’ con la testa sui prossimi passi da fare, ci sono troppe direzioni possibili e tutte sembrano stimolanti. E poi il passato e’ passato, e il futuro e’ obsoleto.
UGZ: Scegliete un musicista di rilievo che avreste voluto nel vostro album
BIR TAWIL: Abbiamo bisogno di sodali, compagni e amici, che sappiano tirarci per la coda quando necessario. Nessuno in particolare che non soddisfi questi requisiti avrebbe avuto senso nel disco di esordio di questo progetto.
UGZ: Potrebbe sembrare una domanda banale o magari lo è : Dove sta andando la musica? E dove sta andando la vostra musica?
BIR TAWIL: In generale la musica va da decenni verso una direzione che non c’interessa per niente, soprattutto in Italia: musicisti che campano nell’underground finche’ conviene loro, con tanto di bandierina d.i.y. al seguito, che non si fanno scrupoli a compromettere qualità’ ed etica del loro operato nel nome di celebrità’ ad altissimo costo (Sanremo, Social e Talent come esempi): live club allo stremo post-covid o anche li programmazioni riconvertite ad infiniti dj-set e cover band per motivi di sopravvivenza o paraculaggine. Questa e’ decisamente la cosa che c’interessa meno, per non dire zero. La nostra di musica non sappiamo nemmeno noi dove andrà’, ma ci interessa l’incontro, la sfida, la conoscenza dell’altro, sul palco e sotto.
UGZ: C’è differenza tra ciò che ascoltate e ciò che in realtà suonate ?
BIR TAWIL: Ascoltiamo un sacco di musica, decisamente troppo visti i tempi. Alcune cose sono sicuramente entrate nel nostro linguaggio nel corso degli anni, altre sono solo fascinazioni. Sinceramente non sapremmo come rispondere ad una domanda del genere, perché’ c’e’ sempre una certa continuità’ tra quello che un musicista ascolta e la musica che produce, e chi dice il contrario di solito mente spudoratamente.